11/12 settembre 1944 - Halifax II BB412 - Brosso (TO)

Tratto da "Cadere da nemici, cadere da alleati" di Luigi Bovio, Elena Zauli, Enzo Lanconelli - Collana Canaveis - Tipografia Baima Ronchetti - 2016

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Valchiusa, Brosso: 11 settembre 1944

E’ il pomeriggio di lunedì 11 settembre 1944: a Brosso i ragazzi sono felici, è la vigilia del Nome di Maria e ci si sta preparando per la festa: sarà una serata danzante. Per l’occasione viene usata la Sala del Fascio, situata in piazza Sclopis a piano terra della casa comunale. Naturalmente c’è molto da fare e per questo i ragazzi, finito il lavoro, preparano la sala facendo pulizia, sistemando le sedie, addobbandola con qualche nastrino colorato. Poi per ultimo, prima di andare a casa a rifocillarsi, oscurano le finestre affinchè non passi neanche un filo di luce, in ossequio all’obbligo di oscuramento totale delle città e dei paesi dopo il tramonto.

E’ il pomeriggio di lunedì 11 settembre 1944: siamo nell’aeroporto di Campo Casale a Brindisi, utilizzato dagli Alleati come base per le “Special Duties”, unità che si occupano prevalentemente di aviolanci di rifornimenti e di agenti sull’Europa occupata. Su tre quadrimotori Halifax del 148° Squadron RAF sono da poco terminate le operazioni di carico: nella stiva bombe e negli speciali vani sotto le ali dei velivoli sono stati agganciati dei contenitori metallici di forma cilindrica contenenti armi, vestiario, cibo, generi di conforto. Altri rifornimenti contenuti in speciali sacche di tela sono stati portati sugli aerei e depositati verso la parte posteriore della fusoliera: verranno lanciati direttamente da alcuni membri dell’equipaggio attraverso una botola circolare. In una palazzina annessa alla pista, alcuni militari in divisa di foggia inglese, pur senza alcuna mostrina, fregio o distintivo, si stanno preparando: sono agenti dell’organizzazione britannica SOE, Special Operations Executive, che dovranno essere paracadutati nel nord Italia. Una squadra di addetti alla vestizione li sta aiutando ad indossare, sopra alla loro uniforme, una speciale tuta che dovrà proteggerli dal freddo e dai rischi connessi al lancio. Infine, il tutto viene imbrigliato dall’imbragatura del paracadute. Così preparati gli uomini appaiono goffi, impacciati, ma tutto questo sparirà quando, nel buio della notte, potranno finalmente lanciarsi nel vuoto.

E’ ormai sera ed i tre velivoli si preparano al decollo. Cinque agenti vengono trasportati vicino all’Halifax BB412, con la grande lettera C di colore bianco dipinta sulla fusoliera nera. I cinque salgono faticosamente a bordo dell’aereo: si tratta dei Capitani Charles F. Whitaker e Rudolph Hrubec, del Sergente Bohuslav Nocar e dei Cadetti Guido Alessandro Voglino e Rodolfo Marchiori. Le loro missioni hanno il nome in codice di Silica North, Seed ed Acre. L’Halifax sarà portato in volo dal Pilot Officer J. E. O’Brien (foto, National Archives Canada) della Royal Canadian Air Force coadiuvato da altri 7 membri dell’equipaggio: Warrant Officer Richard A. Crowell, Flying Officer Joseph M. Parkinson, Sergenti Bruce W. Ellison, James H. Ireland, Douglas J. Ives, Ronald McKeen, Albert M. Vanderhart.

Sono le 19,30 ed il velivolo si stacca dalla pista di Brindisi diretto verso il Piemonte. Vi giungerà da sud, sorvolando il Mar Tirreno ed il Mar Ligure. Alle 20,08 decolla l’Halifax JP245 con destinazione Liguria: a bordo le missioni Walla Walla e Wasp. L’ultimo Halifax, il JP223, parte alle 22,20 e fa rotta verso i Balcani: le missioni Arnheim, Holbein e Dibbler sono destinate sull’Ungheria. I primi due aerei stanno seguendo una rotta molto simile e, pur distanziati da mezz’ora di volo l’uno dall’altro, arriveranno sui rispettivi obiettivi quasi nello stesso momento, intorno alle 24. I navigatori sono incollati davanti ai loro strumenti e calcolatori per mantenere costantemente la posizione, ed il loro compito è molto difficile: il nord Italia è avvolto da nuvole e nebbie. Il Warrant Officer S. Deane, pilota dell’Halifax JP245 che avrebbe dovuto effettuare il primo lancio presso Chiavari, decide di tornare indietro. Atterrerrà a Brindisi alle 4,20 dichiarando “target area covered by cloud and ground haze. Set course for secondary target. Same conditions prevailed. Unable to breack through and no signals sighted. Task abandoned.” Alle 5,03 tornerà il terzo Halifax dal volo sull’Ungheria: l’operazione è riuscita solo in parte sempre a causa delle avverse condizioni meteorologiche che non hanno permesso di riconoscere l’area di lancio della missione Dibbler.

A Brosso è quasi mezzanotte ed il paese è avvolto nel buio. Nella Sala del Fascio si fanno gli ultimi balli al suono dei fratelli Pitti di Borgofranco: Giuseppe “Giuspin” alla fisarmonica ed Angelo “Gilot” al sax. A quell’ora molti giovani lasciano la sala: restano poche ore per dormire e al mattino ci si deve alzare presto per andare al lavoro. Il solito silenzio che avvolge il paese viene interrotto quando, in lontananza, in mezzo all’oscurità, si ode il rumore di un aereo in avvicinamento. Per alcuni istanti, in mezzo alle nebbie, alcuni Brossesi che abitano lungo il vallone del torrente Assa intravvedono la scura sagoma di un grande aereo che a bassa quota, sorvolati i paesi di Borgofranco e Baio Dora, sembra risalire la valle d’Aosta. Poi il rumore lentamente si allontana e la zona ripiomba nel silenzio. Passano pochi secondi e nuovamente si risente il frastuono dell’aereo che sembra, ora, stia sorvolando il monte Cavallaria; poi torna il silenzio, le nebbie sparse impediscono di vedere o capire cosa sia successo. Passano ancora una manciata di secondi e un grande bagliore trapassa le nebbie illuminando le montagne, seguito da un terribile e spaventoso boato che eccheggia nella valle arrivando a chilometri di distanza. Cosa è successo dietro i monti che sovrastano il paese di Brosso?

Tutti, uomini, donne, bambini e anziani, dopo un attimo di smarrimento, turbati da quella luce e dal quel boato che hanno illuminato e squassato il cielo, lasciano le abitazioni e scendono in strada; in ogni zona del piccolo paese si formano capannelli di persone e ci si interroga su cosa possa essere accaduto. Bastano pochi minuti per rendersi conto del disastro, basta un attimo per collegare quel terribile momento all’aereo ed il pensiero dei più va a coloro che in questo momento sono negli alpeggi, su in cima, nella nebbia, vicini al bagliore e all’esplosione. La preoccupazione è tanta: le montagne sono popolate, è ancora estate e non c’è malga lungo i crinali che non ospiti malgari con famiglie e animali; ma per tutti, sia chi è distante, sia chi è vicino alle cime, la domanda è la stessa: “cosa sarà accaduto?”. Lo schianto viene udito non solo a Brosso: sono in molti, dai paesi vicini a quelli in pianura situati alle pendici del monte Cavallaria, a chiedersi preoccupati cosa possa essere accaduto.

Dagli alpeggi vicini, da Brosso, dai paesi situati alle pendici dei due monti, sono in molti ad accorrere sul luogo della tragedia: il grande bombardiere si è schiantato il località le Colme, a circa 1600 m di quota in una sella tra il promontorio che dà il nome alla zona e il monte Gregorio sul versante che guarda i paesi di Quassolo e Tavagnasco. Miracolosamente per pochi metri le baite abitate di località Alpuccio non vengono toccate. Lo spettacolo che si presenta agli accorsi é raccapricciante: fiamme, fumo, odore di carburante, carni bruciate, proiettili che esplodono, ovunque pezzi del velivolo. Solo una parte della fusoliera è rimasta intatta, i contenitori di metallo che dovevano essere paracadutati sono distrutti ed il contenuto, armi, bombe, proiettili, vestiario, teli, cibo in scatola, sparso per centinaia di metri. Purtroppo ci sono anche molti cadaveri: alcuni sono ancora tra i rottami in fiamme, altri per l’impatto e l’esplosione sono stati catapultati a notevole distanza. Due corpi, non raggiunti dalle fiamme sono rimasti parzialmente intatti: uno è disteso prono sull’erba, vicino a ciò che resta della coda e sembra stia dormendo.

Gli accorsi, dopo un attimo di naturale smarrimento, non vanno tanto per il sottile e iniziano a prendere tutto quello che può servire loro fuggendo via: è un andare e venire di persone, per ore, al chiarore di candele, lampade ad acetilene e del fuoco dell’incendio. Gente arrivata da chissà dove si aggira tra i rottami alla ricerca di tutto ciò che può essere utile, anche i cadaveri degli aviatori vengono saccheggiati. Più tardi, quasi all’alba, alcuni gruppi partigiani arrivano sul luogo del disastro: il loro compito è di capire cosa sia successo, raccogliere ciò che rimane del materiale che doveva essere lanciato e pensare agli sfortunati aviatori. La situazione è difficile: è ancora buio, i civili che cercano di accaparrarsi qualche oggetto sono sempre di più e ovunque ed i partigiani cercano di circoscrivere la zona. Qua e là scoppiano litigi, piccole scaramucce, i partigiani devono mostrare le armi e vengono sparate alcune raffiche di mitraglietta. Ristabilito un po’ di ordine, con le prime luci dell’alba, alcuni partigiani su una lamiera trovano la matricola dell’aereo ed il libro di volo con i dati e il numero delle persone a bordo. Viene recuperata qualche arma e un po’ di vestiario, ma quasi tutto il materiale è andato distrutto o depredato nelle ore precedenti. Alcuni partigiani recuperano e radunano i cadaveri degli sfortunati aviatori: sono tredici, come dal documento ritrovato. Ci si accorge che il saccheggio non ha risparmiato neppure loro. Su di un corpo bruciato si fa una scoperta sconcertante: sul dito e sul polso ci sono delle strisce chiare, segno che sono stati asportati anello e orologio. Ad un altro cadavere per estrarre l’anello è stato amputato un dito. Nei corpi parzialmente bruciati e nei due quasi intatti si può vedere chiaramente che qualcuno ha rovistato tra i loro abiti, anche perchè vicino ci sono alcuni pezzi parzialmente bruciati ed inservibili di banconote.(…)

In mattinata gli ultimi partigiani se ne vanno, troppo pericoloso rimanere. Più tardi, dal paese di Brosso, sale con un pugno di paesani il parroco Don Audi Grivetta Giuseppe che, raggiunto il luogo di sepoltura, benedice la croce e, senza perder tempo, scende e torna in paese. È zona di guerra e i tedeschi potrebbero arrivare da un momento all’altro. Trascriverà l’accaduto, sbagliando la data, solamente tre mesi dopo (20 dicembre 1944), quando registrerà sul libro degli Atti di Morte: “N.B.) Il giorno 20 agosto 1944 verso le ore ventiquattro un quadrimotore anglo americano precipitava in fiamme in territorio di Brosso nell’insenatura di montagna tra il monte Gregorio e le colme di Cavallaria sul versante di Quassolo. L’equipaggio, composto di quattordici persone restava bruciato assieme all’apparecchio che avrebbe dovuto fare il lancio di materiale bellico e cibarie, ai partigiani delle valli piemontesi. I poveri e miseri resti, tutti sparsi a pezzi e bruciati venivano dai partigiani Garibaldini pianamente raccolti e messi in una fossa sul luogo stesso del disastro, poi venivano coperti con una lastra presa dall’apparecchio bruciato e con terra, il tumulo fu sormontato da una croce. Il parroco del luogo si recava in seguito a benedire le salme e il tumulo col rito funebre voluto dalla chiesa per la sepoltura dei fedeli. In fede Don Audi Giuseppe Priore”.

All’aeroporto di Brindisi, sul Diario Operativo del 148° viene registrato: “Brindisi Sep. 11/12 Halifax BB412 (pilot P/O O’Brien) did not return to base and is presumed lost.” La notizia di quanto successo alla Cavallaria, tramite le radio clandestine partigiane e gli agenti di collegamento, giungerà dopo pochi giorni ai comandi alleati. Le missioni Silica North, Seed e Acre si concludono con queste parole: “MEDITERRANEAN ALLIED AIR FORCES - SOE Operations SILICA NORTH, SEED & ACRE - 148 Squadron, RAF (Brindisi, Italy - 334 Wing, Balkan Air Force). Halifax II BB412/C - took off at 1930 captained by Plt Off J E O’Brien, RCAF, to drop supplies to partisans in NW Italy. En route to the Val Grande area in the vicinity of Ivrea, 45km NE of Turin, flew into the side of a mountain about 25 metres below the summit at 2345.”

(…)I rottami dell’aereo ed il materiale distrutto che doveva essere paracadutato furono man mano recuperati e portati via; i quattro grandi motori furono fatti rotolare lungo le pendici della montagna sul versante nordest e, raggiunta la strada più vicina, caricati su dei carri e trasportati fino a Tavagnasco. In seguito fu addirittura costruita una teleferica per portare a valle altri pezzi. La zona divenne un gran magazzino, una ferramenta a cielo aperto, dalla quale attingere tutto ciò che si poteva prendere, in una logica del “tutto serve o potrà servire”. Il lungo e duro inverno del 1944 bloccò l’attività, la neve ricoprì tutta la zona e solo in tarda primavera si tornò ad approvvigionarsi di quel poco che restava. La zona fu delimitata con del filo spinato.

Può essere lecito porsi alcune domande sulle cause che provocarono lo schianto. Lecito, ma non indispensabile, poiché non se ne conosceranno mai con certezza ed inequivocabile evidenza i dettagli ed i reali motivi. Ciò che accadde a bordo non fu mai trasmesso, per ovvi motivi di silenzio radio ed oggettiva impossibilità di comunicazione, alle basi in ascolto. Pertanto è possibile solamente formulare delle ipotesi. L’Halifax urtò il promontorio delle Colme, a circa 25 metri dal crinale. La sua rotta e la dinamica dell’incidente non lasciano molti dubbi sulle intenzioni del pilota O’Brien, che aveva indirizzato il quadrimotore sulla rotta di rientro. E’ possibile che intendesse effettuare un altro passaggio, cercando di individuare almeno una delle due aree di lancio che non erano riusciti a localizzare. Un probabile errore di navigazione, concernente l’effettiva posizione dell’aereo e la sua quota di volo, provocò il disastro.

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Le missioni Silica north, Seed ed Acre

Whitaker, Hrubec e Nocar erano membri della missione Silica North e avrebbero dovuto lanciarsi nell’area di Ivrea nel quadro della missione Silica, composta di varie sezioni e unità. Tale missione era stata ideata direttamente dalla centrale di Londra del SOE, nella persona del Gen. Colin Gubbins, direttore dell’Agenzia. La sezione cecoslovacca del SOE si era attivata grazie a rapporti provenienti dal Nord Italia, secondo cui numerosi soldati cecoslovacchi delle Forze Armate Tedesche avevano disertato per unirsi ai Partigiani, e altri sarebbero stati in procinto di farlo. Gubbins propose al generale Miroslav (comandante delle forze Cecoslovacche in esilio) l’invio di agenti misti Ceco-Britannici dietro le linee, al fine di organizzare e dirigere i disertori e formare una Legione Cecoslovacca partigiana. La proposta venne accettata ed una prima missione denominata Silica North venne tentata la notte tra l’8 e il 9 settembre 1944. L’Halifax JP246 decollò da Brindisi alle 21,01 ma fu costretto a rientrare senza aver portato a termine la missione causa l’accertata mancanza di segnalazioni appropriate. Il pilota F/L Dobbin dichiarò: “Arrived target area but incorrect reception awaiting. Circled hoping correct signals would appear. Set course for alternative area but no signals sighted. Task abandoned”. La notte seguente Silica South venne lanciata con successo 20 km a sudest di Cuneo: era composta dal Col. Selby Cope del SOE, dal telegrafista Cpl. Williams e dal Capt. Havel dell’Esercito Cecoslovacco. Il vero nome di Havel era in realtà Rudolf Krzak, già membro della missione “Anthropoid”, che portò all’assassinio a Praga del SS-Obergruppenführer Reynard Heydrich. Il secondo tentativo di Silica North si concluse tragicamente con lo schianto dell’Halifax alle Colme; sia per questo motivo, sia per la effettiva mancanza di truppe cecoslovacche in Piemonte, trasferite a est di Milano, la prevista terza missione Silica Central venne annullata e tutto il progetto Silica abbandonato. I membri di Silica South furono evacuati dal campo di Vesime, tramite Lysander , nel novembre 1944.

Gli Allievi Ufficiali Voglino e Marchiori erano agenti italiani appartenenti alla “Sezione Calderini” del SIM, l’unità destinata alla cooperazione con le agenzie alleate. Rappresentavano le missioni Seed e Acre, sottosezioni della più vasta rete informativa “Nemo”, ed erano destinati a essere Ufficiali di Collegamento con le formazioni Autonome della neonata Repubblica dell’Ossola, al comando di Ettore Superti, e le Brigate di Armando Calzavara (Arca), affiancandosi alle già presenti missioni americane presso i Garibaldini di Moscatelli. La loro era una delle numerose missioni miste organizzate dal SIM con la supervisione del SOE e dello ISLD (Inter Service Liaison Department), il Servizio Segreto Britannico. In un messaggio del 14 settembre 1944, il Col. Aldo Beolchini (nome di battaglia Bianchi, Capo del Servizio Informazioni del CLN Alta Italia) si lamenta con il Magg. Page, dello ISLD, del mancato arrivo delle missioni Seed e Acre e dei loro equipaggiamenti, attesi dal Beolchini stesso e dal comitato di ricevimento nel campo concordato “…a ovest di Biella” . Se ne deduce quindi con ragionevole certezza che la notte del 11/12 settembre 1944 i lanci di materiali e persone, , sarebbero dovuti essere due, ossia la Silica North presso Ivrea, e Seed/Acre a non molta distanza, presso Biella.

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Epilogo

È una calda mattina di primavera del 1946, una jeep con un piccolo rimorchio attraversa il paese di Brosso, si ferma nella seconda piazza. Gli occupanti chiedono informazioni su dove sia la strada per arrivare ai piedi del monte Cavallaria. Son militari stranieri, ma si fanno capire: sono venuti a recuperare le salme dei loro compagni. Un gruppo di ragazzini li segue indicandogli la via. Arrivati in località Caudano, dove la strada finisce ai piedi dei monti, i militari armati di pale e zaini iniziano la salita verso il monte Cavallaria dopo aver lasciato la jeep dal maestro Vincenzo Garavetti. Arrivati al Pian dei Muli ad aspettarli ci sono tre uomini di Brosso Alfonso Vallesa, Arnaldo Brunetto Prando, Pierino Gillio, e due di Vico Canavese con i loro muli, Edoardo Saudino Dughera (Caimano) e Giacomo Marten Canavesio. I militari e i cinque si accordano. Caricati sui muli pale e zaini, si incamminano verso Le Colme, luogo del disastro e di sepoltura dei caduti. Lungo il tragitto i militari offrono agli uomini ed a coloro che li hanno seguiti sigarette e chewing-gum. Arrivati sul luogo i militari distribuiscono pale, tute e lunghi guanti, cosi inizia la riesumazione di ciò che rimane dei tredici corpi. Per i presenti è una esperienza forte, nubi di mosconi ricoprono la zona. Alcune donne che stanno sfalciando in zona si allontanano. I resti dei corpi arrotolati in coperte vengono messi in sacche, poi caricati sui due muli. Durante il ritorno la nube di mosconi segue la carovana fino al paese di Brosso.

Il giorno 3 maggio 1946, i corpi vengono seppelliti nel cimitero di guerra del Commonwealth presso il parco di Trenno (MI).

Vedi anche www.wartimeheritage.com

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